Ci sono molti sentieri da queste parti e vanno tutti a Montemor
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José Saramago
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José Saramago

 José Saramago

Biografia dell’autore

Figlio e nipote di contadini, José Saramago è nato nel villaggio di Azinhaga, nella regione del Ribatejo, il 16 novembre del 1922, sebbene la registrazione all’anagrafe indichi come data di nascita il 18. I suoi genitori si trasferirono a Lisbona quando lui non aveva ancora compiuto due anni. Ha, pertanto, trascorso la maggior parte della sua vita nella capitale, anche se fino ai primi anni dell’età adulta i suoi soggiorni nel villaggio natale furono numerosi, e talvolta prolungati.

 

Ha frequentato le superiori (liceo e istituto tecnico) ma, a causa delle ristrettezze economiche, non ha potuto proseguire gli studi. Il suo primo lavoro è stato come fabbro meccanico, e successivamente ha svolto diversi mestieri: disegnatore, impiegato nel sistema sanitario e previdenziale, traduttore, redattore, giornalista. Ha pubblicato il suo primo libro, un romanzo, La Vedova, nel 1947, ma, poi, fino al 1966, non ha più pubblicato nulla. Ha lavorato per dodici anni presso una casa editrice, dove ha ricoperto incarichi come direttore letterario e redattore. Ha collaborato come critico letterario con la rivista “Seara Nova”. Tra il 1972 e il 1973 ha fatto parte della redazione del quotidiano “Diário de Lisboa”, dove è stato editorialista politico, coordinando, inoltre, per circa un anno, anche il supplemento culturale del giornale.

Ha fatto parte della prima Direzione dell’Associazione Portoghese degli Scrittori ed è stato, dal 1985 al 1994, Presidente dell’Assemblea Generale della Società Portoghese degli Autori.

Da aprile a novembre del 1975 è stato vicedirettore del quotidiano “Diário de Notícias”. Dal 1976 inizia a vivere esclusivamente del suo lavoro letterario, prima come traduttore, poi come autore. Nel 1988 ha sposato Pilar del Río e, nel febbraio 1993, ha scelto di risiedere a Lisbona e nell’isola di Lanzarote, nell’arcipelago delle Canarie (Spagna). Nel 1998 gli è stato attribuito il Premio Nobel per la Letteratura.

 

José Saramago è deceduto il 18 giugno 2010. (Fondazione José Saramago).

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Il romanzo

Il romanzo

Contesto storico del romanzo Una terra chiamata Alentejo

Il XX secolo corrisponde al periodo storico del romanzo Una terra chiamata Alentejo. L’inizio del secolo è segnato dalla caduta della monarchia e dall’instaurazione della Prima Repubblica portoghese, il 5 ottobre 1910, che dava ai portoghesi la speranza di una società fondata sull’ideologia rivoluzionaria francese dell’Ottocento di «Libertà, Uguaglianza, Fraternità». Ben presto la crisi economica, conseguenza della Prima guerra mondiale, e il forte clima di contestazione sociale, acuito dai conflitti interni, frenarono i progetti della giovane Repubblica, che finì per cedere al colpo di stato militare del 28 maggio del 1926, che instaura la dittatura fascista in Portogallo. Con l’approvazione della Costituzione portoghese del 1933, viene istituzionalizzato l’Estado Novo, una delle più lunghe dittature fasciste della storia occidentale, con una durata di oltre quattro decenni, terminata solo il 25 aprile 1974, con la Rivoluzione dei Garofani.

Nell’opera Una terra chiamata Alentejo il lettore accompagna tutti gli avvenimenti più significativi del XX secolo dal punto di vista della lotta per la sopravvivenza di tre generazioni della famiglia «Mau-Tempo». Questa famiglia è originaria di «Monte Lavre», riferimento che l’autore esplicita, in modo che si colga il riferimento alla località di Lavre, una frazione del comune di Montemor-o-Novo. I “Mau-Tempo” appartengono al gruppo socio-economico del proletariato agricolo, che per secoli è stato maggioritario nella popolazione attiva dell’Alentejo. «João Mau-Tempo» è, come descrive l’autore, “Erede senza eredità, padrone di niente, è piccola l’ombra che fa per terra.” (Saramago, 2010, p. 46). Appartiene alla classe degli espropriati della terra e del capitale, costretti a vendere la forza delle proprie braccia per resistere e sopravvivere. Contrariamente al Nord e al Centro, dove la maggior parte della popolazione possedeva o aveva in concessione piccoli appezzamenti, l’Alentejo è sempre stato caratterizzato dal regime del grande latifondo e la maggior parte della popolazione era costretta a lavorare per i pochi proprietari. Lo sfruttamento del popolo è evidente nel romanzo, ricordiamo solo il resoconto del salario di «Joaquim Carranca», pagato in viveri e qualche soldo o il salario ridotto pagato al piccolo «João Mau-Tempo», esemplare del diffuso sfruttamento infantile (Saramago, 2010, pp. 69-70). Accanto allo sfruttamento del lavoro minorile, fino agli anni Quaranta, in tutto il latifondo si praticava la remunerazione in derrate alimentari, e fino agli anni Sessanta si lavorava dalle 17 alle 18 ore al giorno (cfr. Fonseca, 1994, pp. 33-34).

I latifondisti trovavano nel regime fascista la garanzia della legalità e la forza repressiva necessarie per mantenere il popolo in silenzio e la manodopera a basso costo. Stando alla definizione di Teresa Fonseca, essi stessi “eredi di una plurisecolare arroganza nei confronti del proletariato rurale, imponevano nella totale impunità orari di lavoro interminabili, salari miserabili e un trattamento disumano e umiliante. Agivano, secondo José Claudino Tregeira, come «padroni» dei «poveri e dei servi». Come signori feudali, non si facevano scrupoli a violentare giovani lavoratrici o domestiche, abbandonando poi loro e i loro figli al loro triste destino” (Fonseca, 2018, p. 49). In quest’opera, tra le varie testimonianze raccolte che rivelano il carattere generale degli agrari, l’autrice mette in luce lo spirito comunitario, senza il quale la storia dei lavoratori sarebbe ancora più tragica (cfr. Fonseca, 2018, p. 53). António Gervásio, dirigente comunista, ricorda un episodio in cui i lavoratori andarono a chiedere lavoro e cibo a un proprietario terriero di Montemor-o-Novo, il quale rispose “Avete fame, mangiatevi la paglia”. Al che i lavoratori, il giorno dopo, risposero con il cartello: «Fino a quando ci sarà carne, non mangeremo paglia!» (Gervasio, 2013, p. 20). Il contesto socio-economico sfavorevole dei lavoratori agricoli in Alentejo è la causa principale delle proteste sociali e delle grandi lotte inscritte nella Storia. Come la lotta per la giornata lavorativa di otto ore, vinta nel 1962.

A fianco degli agrari e contro i lavoratori c’era il regime di Salazar e i suoi meccanismi di repressione. Il dittatore privò i lavoratori del sapere e della libertà stessa, “La grande e decisiva arma è l’ignoranza” (Saramago, 2010, p. 66), soggiogandoli con la fame, “Il popolo lo si è creato perché viva sporco e affamato” (Saramago, 2010, p. 67), e con la paura della repressione sanguinaria della PIDE, Polizia Internazionale e di Difesa dello Stato, “creata e mantenuta per picchiare il popolo.” (Saramago, 2010, p. 66), che perseguiva qualunque manifestazione di opposizione al regime.

La miseria e la repressione sono due caratteristiche che mostrano bene la dura storia della realtà sociale alentejana nel XX secolo. Tuttavia, il romanzo Una terra chiamata Alentejo, come il titolo originale mette in evidenza [Levantado do Chão], è una storia di lotte e rivendicazioni contro lo sfruttamento capitalista e di resistenza rivoluzionaria e anti-fascista che da terra ha sollevato il proletariato agricolo alentejano per il “giorno di riscatto e di gloria” (Saramago, 2010, p. 314), il giorno della Riforma Agraria “la più bella conquista d’aprile”, in cui “mille vivi e centomila morti, o due milioni di sospiri che si sono innalzati da terra” (Saramago, 2010, p. 313).

Oltre all’inquadramento del tempo storico del romanzo che va dall’inizio dei primi anni del XX secolo alla Rivoluzione dei Garofani, Una terra chiamata Alentejo fa inoltre riferimento a un tempo ancora più lontano con l’introduzione dei morti e delle leggende, con evidenti riferimenti al passato storico della cittadina. Il riferimento storico si dà mediante l’introduzione del personaggio «Lamberto Horques», che ha come riferimento storico il tedesco Lamberte Orques, a cui il re Giovanni I affida Lavar, il 17 luglio del 1430, con il compito di popolarla e coltivare (cfr. Fonseca, 2014, p. 12). L’eredità di questi antenati si manifesta attraverso gli occhi blu di «João Mau-Tempo», che testimoniano questo tratto genetico. Questa maggiore dilatazione temporale del romanzo rimanda all’identità collettiva delle società umane in Alentejo, le cui caratteristiche plurisecolari si fondano nella Resistenza. Si ricordi, per esempio, la trasformazione della cultura cerealicola in allevamento degli ovini, nel XVIII secolo, che comportò il passaggio di molte famiglie di lavoratori alla condizione di disoccupati, mendicanti e miserabili. Per lo più vincolati a lavori stagionali, facevano la fame il resto dell’anno, costretti a elemosinare e a piccoli furti per sopravvivere. La mancanza di lavoro si doveva anche all’assenteismo dei proprietari, che solo sporadicamente si vedevano costretti per legge ad assumere qualche lavoratore. D’altra parte, la legge proibiva e puniva severamente chi veniva sorpreso a prendere olive non raccolte, carbone oppure qualche ramo per riscaldare le piccole case dei lavoratori. È per questi motivi che il proletariato agricolo alentejano, come ha dimostrato Teresa Fonseca, ha una tradizione di lotte per il lavoro che attraversa i secoli (cfr. Fonseca, 2005).

La congiuntura socioeconomica dell’epoca feudale portò alla precoce formazione di una coscienza di classe nel proletariato rurale dell’Alentejo, tuttavia, solo negli anni Trenta del XX secolo, l’azione del Partito Comunista Portoghese rafforzò la politicizzazione e la coscienza sociale del proletariato rurale aletejano. Ed è da quel momento che si danno le tante lotte di rivendicazione degli antifascisti del Comune di Montemor-o-Novo.

Il forte spirito rivoluzionario di questa gente, che José Saramago ha saputo cogliere così bene, inscrive il popolo di Montemor-o-Novo nella storia plurisecolare di resistenza alle diverse forme di oppressione e sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

Bibliografia dell’autore – Romanzo

La vedova, 1947
Manuale di pittura e calligrafia, 1977
Una terra chiamata Alentejo, 1980
Memoriale del convento, 1982
L’anno della morte di Ricardo Reis, 1984
La zattera di pietra, 1986
Storia dell’assedio di Lisbona, 1989
Il Vangelo secondo Gesù Cristo, 1991
Cecità, 1995
Tutti i nomi, 1997
La caverna, 2000
L’uomo duplicato, 2002
Saggio sulla lucidità, 2004
Le intermittenze della morte, 2005
Il viaggio dell’elefante, 2008
Caino, 2009
Lucernario, 2011
Alabarde, alabarde, 2014