Ci sono molti sentieri da queste parti e vanno tutti a Montemor
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São Cristóvão
Rassegnazione e Banditismo

São Cristóvão

São Cristóvão è un centro abitato molto antico, si pensa abbia avuto origine da un piccolo nucleo di abitazioni domestiche con caratteristiche medievali, esistenti in prossimità dell’attuale chiesa parrocchiale della cittadina. I primi riferimenti datano al XVI secolo, tempo in cui fu costruita la Chiesa Parrocchiale di São Cristóvão, tempio con caratteristiche tardo gotiche. La frazione di São Cristóvão appartiene al comune di Montemor-o-Novo, si estende su un’area di 156,33 Km² e ha una popolazione di 540 abitanti (2011).

Primi anni del XX secolo – Rassegnazione e Banditismo. Qui affrontiamo i due esempi che «João Mau-Tempo» trae da suo padre «Domingos» e da «José Gato», a São Cristóvão.

La mancanza di lavoro e gli elevati costi della vita segnano la realtà socioeconomica della quasi totalità del popolo alentejano per gran parte del XX secolo. Senza altro modo di provvedere al sostentamento delle famiglie, molti lavoratori semplicemente smettevano di lottare e, o diventavano dei vagabondi, in giro per le terre dell’Alentejo, del Ribatejo o dell’Algarve, oppure si suicidavano. «Domingos Mau-Tempo» è l’esempio di entrambe le forme di rassegnazione. Ricordiamo che è nell’Alentejo che si verifica il più elevato tasso di suicidi del Portogallo e uno dei più alti d’Europa. Altri vagabondi si dedicavano al banditismo, che variava dal piccolo furto di olive fino a bande organizzate, come quella di «José Gato».

 

Denominazione:

Punti di interesse interpretativo

Nome:

Il primo trasloco dei Mau-Tempo | Le storie di Zé Rato

Coordinate:

38°29’30” N 8°18’25” W (Largo di São Cristóvão)

Frazione:

São Cristóvão

Comuni:

Montemor-o-Novo

Accessi:

Escoural – EM535 – EN253 – São Cristóvão

Tipologia:

Percorso a piedi

Distanza:

300 metri (tra i punti)

Durata media:

45 minuti

Tipo di percorso:

Urbano

Segnaletica:

Presente

Proprietà:

Strade pubbliche

 

 

Luoghi da vedere:

Chiesa Parrocchiale di São Cristóvão, XVI secolo

Complesso Megalitico del Tojal;

Casas Pintadas (Progetto ViverCor Corabitando);

Sentiero ecologico di Montado;

Le fontane di São Cristóvão, XIX e XX secolo

 

Ulteriori informazioni sul sito

www.cm-montemornovo.pt

Recapiti utili:

Amministrazione

+351 266 837 118

Numeri di emergenza:

GNR

+351 266 83

São Cristóvão

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La resistenza - São Cristóvão
Largo – Il primo trasloco di Sara da Conceição e Domingos Mau-Tempo

Largo – Il primo trasloco di Sara da Conceição e Domingos Mau-Tempo

Il viaggiatore arriva a São Cristóvão dalla strada nazionale EN 253 e, appena si cominciano a vedere le case bianche, subito si raggiunge il Largo. Nei primi anni del XX secolo, in una notte tempestosa, i «Mau-Tempo» partirono da «Monte Lavre» diretti a São Cristóvão. Arrivati qui, fermarono il carretto nel Largo.

 

Sulla sinistra, quasi a sfiorare l’orizzonte basso, un paesino volgeva a ponente le mura bianche. La pianura era immensa, come si è già detto, liscia, rasa, qualche leccio isolato o in coppia, e poco più. Da quella piccola altura non era difficile credere che il mondo non ha fine conosciuta. E il paese, la loro meta, visto da lì, alla luce giallastra e sotto la grande cappa di piombo delle nuvole, sembrava irraggiungibile. São Cristóvão, disse l’uomo. […]

Tutte le porte sono chiuse, solo da qualche spiraglio di luce flebile si ha notizia di abitanti. In un cortiletto ha abbaiato un cane. È normale, c’è sempre un cane che abbaia quando passa qualcuno, e gli altri, che forse erano fiduciosi, si basano sulla parola della sentinella, e ciascuno fa il proprio dovere di cane. Una finestrella è stata aperta e chiusa. E adesso che la pioggia è cessata e la casa è vicina, si avverte meglio questo vento freddo che ha spazzato tutta la strada, si è intrufolato per i vicoli laterali, ha scosso le fronde che s’innalzavano sopra i tetti bassi. La notte, effetto del vento, si è rischiarata. La grande nuvola si stava allontanando e il cielo, adesso, brillava qua e là. Non piove più, disse la donna al figlio che dormiva, ed era l’unico, fra i quattro, ancora ignaro della buona notizia. C’era uno spiazzo, alberi che sfrascavano aspri.

(Saramago, 2010, p. 15 e 18)

Abbiamo raccolto la testimonianza di Jesuíno Nifra, che ha condiviso con noi i ricordi del Largo di un tempo prossimo a quello in cui decorre l’azione nel romanzo di José Saramago.

“Questo largo qui era tutto boscaglia e grandi alberi di leccio. Alberi grandi. Non c’era niente qui, e neppure qui, niente, niente … questo qui non c’era. […] Qui c’erano due taverne, e lì c’era un leccio molto grande, proprio lì dove c’è il telefono, molto grande. E allora la gente, non avevamo distrazioni qui e si giocava a piastrella all’ombra del leccio, anche d’estate. Come ombreggiava, questo era il divertimento. Qui era tutta boscaglia dappertutto, da qui fino a lì in cima” (Nifra, 2018).

«Domingos Mau-Tempo» è un personaggio le cui caratteristiche principali sono opposte a quelle di «João Mau-Tempo». Il suo modo di vivere violento, irresponsabile e alienato, che lo porta alla rassegnazione, in uno stato di permanente alcolismo, e infine all’abbandono e al suicidio, contrasta con la condotta di vita responsabile, consapevole, militante e rivoluzionaria di «João Mau-Tempo». Dalla figura paterna apprende le ingiustizie compiute sui più deboli, assistendo alla violenza di suo padre su sua madre, e l’esempio di rassegnazione di fronte alle condizioni di vita del popolo alentejano.

«Domingos Mau-Tempo» ha come riferimento empirico António Domingos Serra, nonno di António Serra, che ci ha lasciato la sua testimonianza sul suo familiare.

“So che mio nonno era un individuo arrivato qui a Lavre e a Cortiçadas, che ha conosciuto mia nonna, che si sono messi insieme e hanno fatto dei figli. Ma ha sempre avuto, sempre, una vita molto tribolata … combinava sempre qualche guaio e doveva spostarsi spesso, perché non era ben visto. È stato a São Cristóvão, è stato a São Geraldo, a Ciborro, è stato a Feiteira e qui a Lavre. E, a un certo punto, non c’era più un posto dove lo vedessero di buon occhio.” (Serra 2019)

 

Largo – Il primo trasloco di Sara da Conceição e Domingos Mau-Tempo

Largo 25 de Abril 23, São Cristóvão
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La resistenza - São Cristóvão
Rua dos Sapateiros – La casa dei Mau-Tempo

Rua dos Sapateiros – La casa dei Mau-Tempo

(Português) Na bifurcação com a Rua dos Centenários, o viajante encontra a Rua 1º de Maio. No período em que decorre a obra, no início do séc. XX, esta rua era vulgarmente conhecida por Rua dos Sapateiros devido ao elevado número de sapateiros que aqui se haviam instalado. Foi o caso de «Domingos Mau-Tempo» que, pelas pistas da obra, também montou a sua oficina de sapateiro nesta rua.

(Português) A carroça seguia à frente, aos solavancos, devagar. O burro, com o frio, entorpecera. Meteram por uma travessa onde as casas alternavam com quintais, e parou diante de um casinhoto baixo. É aqui, perguntou a mulher, e o marido respondeu, É.

Com a grande chave Domingos Mau-Tempo abriu a porta. Para entrar tiveram de curvar-se, isto não é nenhum palácio de altos portões. A casa não tinha janela. À esquerda era a chaminé, de lareira rente ao chão. […]

A água entrara na arca da roupa, a mesa da cozinha tinha uma perna partida. Mas havia uma panela ao lume com umas folhas de couve e uns bagos de arroz, o menino tornara a mamar e adormecera no lado seco do enxergão. Domingos Mau-Tempo foi ao quintal para uma necessidade. E no meio da casa, Sara da Conceição, mulher de Domingos, mãe de João, ficou atenta, olhando o lume, como quem espera que um recado mal entendido se repita. No seu ventre houve um pequeno movimento. E outro ainda. Mas quando o marido entrou, não lhe disse nada. Tinham mais em que pensar.

(Saramago, 2014, p.20-1)

Jesuíno Nifra recorda as condições de vida em São Cristóvão, que remontam ao tempo da ação da obra, e fala-nos desta mesma rua.

“A Rua dos Sapateiros era a rua que tinha mais sapateiros, era além. Mas hoje há muita gente que não é desse tempo, não sabe. Nesse tempo não havia televisão, e então qualquer casal de pobres, hoje não, mas nesse tempo, aqui há noventa anos, cem, oitenta, setenta, os pobres, cada um tinha seis ou sete ou oito filhos e outros dez e doze. E quem não tinha casas próprias de heranças, para as mandar fazer não tinha dinheiro, dormiam numa casinha com quatro ou cinco metros quadrados, dormiam lá eles e a família e os filhos todos. Uma cama para os pais e uma mesa ali ao lado e assim se passava o tempo. Chover, chover, às vezes valia mais estar na rua do que estar em casa. Claro, as casas não eram dos proprietários, eram dos proprietários mas não as mandavam amanhar. Havia a vingança, essa ternura terrível e então, em qualquer eu cheguei a dormir… e depois tinha outra, eram tudo casas assim baixinhas, não havia poder para ir levantar muito alto… Era o caso, lá em casa andava assim, às vezes, e para entrar era tal e qual como o José Saramago aí escrevia.” (Nifra, 2018).

Rua dos Sapateiros – La casa dei Mau-Tempo

Rua 1º de Maio 16
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La resistenza - São Cristóvão
La taverna – La rassegnazione di Domingos Mau-Tempo

La taverna – La rassegnazione di Domingos Mau-Tempo

In fondo al largo c’è Rua dos Centenários, dove, nella prima metà del XX secolo, si concentrava il commercio. Come conseguenza dell’esplorazione mineraria, negli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta, questa cittadina arrivò ad avere circa duemila abitanti. E il numero delle taverne era proporzionale, ce n’erano sempre cinque o sei aperte. «Domingos Mau-Tempo» era un assiduo cliente di queste taverne, al punto da avere problemi di alcolismo, che lo rendevano irresponsabile e violento quando faceva ritorno a casa. Al contrario «Sara da Conceição» dimostrava un affetto incondizionato e sperava di mantenere unita la famiglia, sopportando in silenzio le violenze e accontentandosi di un qualunque gesto del marito che si avvicinasse alla tenerezza.

E un figlio del vento, un ramingo, Domingos del suo maltempo, che esce dall’osteria ed entra in casa, trascinandosi da un muro all’altro, guarda storto il figlio e per un nonnulla, donna della malora, prendi questo, così impari. E di nuovo se ne esce per tornare al vino, tutto pappa e ciccia coi compari, mettetelo in conto, signor padrone, ecco fatto, signor inquilino, ma badate che il conto è lungo, e che c’entra, sono uno che paga sicuro, non sono mai stato in debito neanche di cinque soldi bucati. E non è mica stata una né due volte che Sara da Conceição, affidato il figlio a una vicina, se n’è uscita a notte fonda in cerca del marito, nascondendo le lacrime nel fazzoletto e nell’oscurità, da un’osteria all’altra, a São Cristóvão non ce n’erano poi tante, ma sempre troppe, e senza entrare, da lontano, cercava con gli occhi e, se il marito c’era, si metteva lì nell’ombra semplicemente ad aspettare, come un’altra ombra. Ma le è capitato pure di ritrovarlo smarrito per la strada, sbarellato, abbandonato dagli amici, e allora il mondo diventava all’improvviso bello perché Domingos Mau-Tempo, grato di essere stato ritrovato in quelle lande desolate e paurose, tra cortei di fantasmi, metteva un braccio sulla spalla della moglie e si lasciava condurre come il bimbo che forse era ancora.

(Saramago, 2010, p. 25)

 

Torniamo alla conversazione con Jesuíno Nifra, perché farci raccontare i suoi ricordi sulle taverne di São Cristóvão.

“Le taverne qui, era difficile che non ci scappasse qualche zuffa, sempre, sempre, ce n’era sempre una. La miniera dava lavoro a tanti. La miniera impiegava qui due, tremila persone. E la miniera qui di Santa Susana non era niente, e veniva molta gente. E qui non c’era niente, ma fuori anche meno. E venivano qui, qui si incontrava molta gente. Non c’era sabato, non c’era domenica in cui non ci scappasse una rissa, con tante teste rotte. Zé Banha, Bubule, Tourinho, João da Bicha e Chico Francisco do Ricome … e Ramos! Erano le taverne che c’erano qui. Gente ce n’era poca, ma le taverne erano tante… E allora, all’epoca, non avevamo niente e ci si vedeva il sabato per bere un bicchiere. Erano bicchieri piccoli, da quattro soldi, piccoli, ma i soldi quelli erano… Qui, proprio qui…” (Nifra 2018)

Le storie di Zé Rato

 Nella taverna di São Cristóvão si raccontavano le storie di Zé Rato, un esempio della necessità di ricorrere al banditismo per sopravvivere al regime di sfruttamento dei lavoratori che caratterizzava il latifondo. «Zé Gato» che troviamo nel romanzo è il riferimento fittizio a Zé Rato. Zé Rato, figlio di «zia Parrochinha», viveva dalle parti di São Cristóvão e passava spesso in paese, andando nelle case dei più poveri per dare loro generi alimentari che rubava dai magazzini del latifondo. José Saramago dice che i lettori del romanzo, così come il personaggio «António Mau-Tempo», prendono «João Mau-Tempo» come maestro e «Zé Gato» come ripetitore. «Zé Gato» è presente e interviene attivamente o passivamente in momenti essenziali della vita di «João Mau-Tempo». Se «Domingos Mau-Tempo» è stato chi ha iniziato «João Mau-Tempo» all’ingiustizia, si può dire che «Zé Gato» ha fatto conoscere a «João Mau-Tempo» i rudimenti della giustizia

Quando Antonio Mau-Tempo passa qualche periodo a Monte Lavre, João Mau-Tempo dimentica di essere genitore e più vecchio e si mette a gironzolare intorno al figlio, come se volesse appurare la verità di quelle assenze, quando lui è lontano, a Coruche, Sado, Samora Correia, Infantado e persino al di là del Tago, e le veridiche storie che per bocca del figlio vanno a confermare o a confondere la leggenda di José Gato, chiamiamola leggenda, anche se tutto dev’essere in proporzione, che José Gato è un fanfaroncello senza gloria, ha fatto andare in prigione quelli di Monte Lavre, episodi che contano più perché implicano Antonio Mau-Tempo, il quale era presente o le ha sentite dire, che come informazione pittoresca sulla storia della piccola delinquenza campagnola. E a João Mau-Tempo ogni tanto sovviene un pensiero che non riuscirebbe a esprimere a parole, ma che, a ripensarci, sembra dire che, se stiamo parlando di buoni esempi, forse quelli di José Gato non sono poi tanto cattivi come questo, anche se ruba e viene meno nei momenti di maggior bisogno. Un giorno Antonio Mau-Tempo dirà, In vita mia ho avuto un maestro e un ripetitore, e adesso, all’età che ho, sono tornato da capo per imparare di nuovo tutto. Se bisogna cominciare subito a chiarire qualcosa, diciamo che il padre è stato il maestro, José Gato il ripetitore, e qualunque cosa Antonio Mau-Tempo stia imparando, non sarà lui solo a farlo.

(Saramago, 2010, pp. 163-164)

Le azioni sovversive del personaggio «Zé Gato» sfidano l’ordine sociale ma, contemporaneamente, correggono le sue storture, restituendo un po’ di giustizia, dove non ve n’è. Qualcuno dice che fosse di Montemor-o-Novo, altri di São Cristóvão o di Alcácer do Sal, ma tutti concordano che fosse il difensore dei poveri dell’Alentejo, il “Robin Hood” del latifondo alentejano, una figura esemplare in mezzo a tanta ingiustizia. Questa forma di resistenza, attraverso il contrabbando e la criminalità era, a volte, l’unico modo per sopravvivere per i lavoratori agricoli in situazioni di grave crisi economica. Questi racconti con qualche fondamento storico fanno ormai parte della tradizione orale dell’Alentejo.

 

Più tardi la banda si trasferì nella zona di Vale de Reis, chi vive in città non immagina quali boschi vi siano. Grotte, caverne in mezzo a pantani i malefici, non c’era nessuno che si azzardava ad avvicinarsi da quelle parti, neanche le guardie, quelle non osavano.

(Saramago, 2010, p. 111)

Le storie di Zé Rato sono ancora raccontate dagli abitanti più vecchi della cittadina di São Cristóvão. Jesuíno Nifra lo ricorda come un eroe che sfamò tanta gente. Nella conversazione avuta con noi, possiamo riconoscere «Marrilhas» che ha come riferimento Marradilhas, così come l’allusione al luogo che Saramago descrisse come la «Zona di Vale de Reis» dove la banda aveva il suo covo.

“Allora, lavorava senza guadagnarci nulla, questa era la sua vita, come un politico, senza guadagnarci nulla … Affrontava così la vita. E formò quella banda [la banda di Zé Rato] e altre ancora. Non faceva male a nessuno, ma gli altri due avevano una brutta nomea, Marradilhas ed Estriga. Quelli erano pericolosi. Zé Rato, figlio di zia Parrochinha, che tante volte baciò il suo ritratto, poverina, era sua madre, aveva un pezzo di terreno […] Il posto dove avevano il covo è Serrinha. Là c’erano dei tunnel, così antichi che nessuno se li ricordava più. Era là dove stavano acquartierati. C’era chi sorvegliava, proprio come l’esercito, delle sentinelle. Io ho fatto in tempo a vederle. Poi molta gente di qui andava là, per vedere. Per arrivarci c’era una boscaglia come questi alberi. Solo loro sapevano dove si doveva passare per arrivare ai tunnel. (Nifra, 2018).

 

La taverna – La rassegnazione di Domingos Mau-Tempo

Rua 1º de Maio 3